Le indagini per la realizzazione della Linea C della Metropolitana di Roma tra il 2007 e il 2011 riportarono in luce in Piazza Madonna di Loreto un’ampia porzione di un imponente edificio pubblico costruito durante l’impero di Adriano (117-138 d.C.), funzionale alla divulgazione culturale, alla pubblica lettura di opere letterarie e in prosa, all’insegnamento della retorica, ma anche all’esercizio dell’attività giudiziaria, oggi noto come Auditoria di Adriano (Atheneum Hadriani), e inserito nel perimetro delle aree di competenza del Parco archeologico del Colosseo.
L’edificio, datato anche grazie a bolli impressi sui laterizi delle strutture agli anni tra il 123 e il 125 d.C., era separato dal Foro di Traiano da una strada curvilinea e si articolava su due livelli svettando sulla antica via Flaminia – il cui percorso è ricalcato dall’odierna via del Corso – individuata nell’attuale piazza Venezia a una profondità di circa due metri. Il piano terra, conservato solo in parte, si articolava su tre grandi aule, caratterizzate da decorazioni pavimentali e parietali in marmi policromi e dotate di gradonate affrontate ai lati di un corridoio centrale, disposte a raggiera lungo la strada curvilinea. Il corridoio centrale era destinato all’oratore che si rivolgeva al pubblico disposto con subsellia (sedili) sui gradoni per presentare il suo lavoro e accogliere il parere dell’auditorium. Due delle aule sono emerse nel corso dei recenti scavi; parte della terza aula fu individuata agli inizi del Novecento durante la costruzione del Palazzo delle Assicurazioni Generali.
Gli Auditoria, definiti nel IV secolo ludus ingenuarium artium, ovvero luogo per l’esercizio delle arti liberali (Aurelio Vittore, liber de Caesaribus, 14, 2-4), confinavano a Nord con una insula abitativa risalente al II secolo e a Ovest con un isolato commerciale posto lungo la via Flaminia. Furono in uso certamente fino all’età tardoantica, come testimonia il rinvenimento nello scavo di due basi marmoree di statua con iscrizione relativa al senatore Fabius Felix Passifilus Paulinus, prefetto della città tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, noto per altre testimonianze epigrafiche a lui riferite, tra cui il suo nome inciso su uno dei posti riservati ai senatori nel Colosseo.
Il complesso ha mantenuto una certa continuità di utilizzo fino al VI secolo quando, all’interno delle aule ormai private dei rivestimenti marmorei, si insedia un’officina metallurgica destinata alla lavorazione delle leghe di rame, riconosciuta per la presenza di scorie di lavorazione e lingotti, oltre che per le fosse di alloggiamento di piccole fornaci scavate nel pavimento e lungo le gradonate. L’officina fu distrutta tra la fine del VII e gli inizi del secolo VIII e nell’area dell’aula centrale furono realizzate alcune sepolture. L’area fu temporaneamente abbandonata a partire dall’anno 847 quando un violento terremoto determinò il crollo del piano superiore e delle coperture a volta delle aule: una consistente porzione della volta crollata è oggi ancora ben visibile sul pavimento dell’aula settentrionale. Si tornò a frequentarla tra il XII e il XIII secolo al di sopra dei crolli della sala centrale sorse un impianto destinato alla produzione della calce.
Intorno al 1564 sorse in quest’area l’Ospedale dei Fornari, realizzato dall’omonima Confraternita, cui si deve anche la costruzione della vicina chiesa di Santa Maria di Loreto. Una straordinaria testimonianza dell’assetto di questa zona della città nel 1730 ci è pervenuta attraverso la “Veduta di Roma innevata“, dipinta dal piacentino Giovanni Paolo Panini, che restituisce una scena di vita quotidiana ambientata nel quartiere Alessandrino ormai non più esistente. Fino alla demolizione, avvenuta nel 1871, nell’ospedale trovarono ricovero e assistenza i fornai poveri e malati di Roma. Tra il 1885 e il 1911 l’area fu interessata da grandi abbattimenti per la costruzione del Monumento a Vittorio Emanuele II e nel 1933 furono sistemati i giardini e le aiuole che fino al 2011 ne hanno costituito l’assetto.