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Perché una esposizione negli ipogei del Colosseo, già di per sé un “museo nel museo”?

La risposta viene dalla strategia culturale che contraddistingue le azioni del Parco archeologico del Colosseo: ampliare l’offerta culturale partendo dai contesti di provenienza dei reperti e con presentazioni innovative, che consentano di rendere immediatamente percepibile la funzione e le vicende storiche dei monumenti, al fine di  coinvolgere il pubblico in una visita sempre più consapevole.

Non di rado, poi, tali occasioni si realizzano anche nell’ambito di collaborazioni e partnership pubblico-private, rispetto alle quali il Parco archeologico ha da sempre sviluppato una politica di partecipazione con progetti importanti finalizzati soprattutto all’ampliamento della fruizione e dell’accessibilità sia fisica che culturale.

All’interno di questa cornice programmatica si è collocata la mostra-evento “Gladiatori nell’Arena. Tra Colosseo e Ludus Magnus” (link), incentrata sul recupero e la riqualificazione del corridoio ipogeo, che in origine collegava il Colosseo al quartiere delle palestre (Ludi), ed in particolare alla principale di queste ovvero il Ludus Magnus.  E con l’ausilio delle tecnologie è stata riproposta quella antica connessione, interrotta sin dal XIX secolo dalla realizzazione di un collettore idraulico.

In considerazione del grande successo di quella prima esposizione, il Parco archeologico del Colosseo propone per il periodo giugno 2024 – gennaio 2025 un nuovo allestimento che mira a rimanere permanente anche se con la rotazione dei reperti, rinnovato nei contenuti, dal titolo Spettacoli nell’Arena del Colosseo. I protagonisti.

 

 

L’esposizione occupa il settore orientale dei sotterranei, il vero backstage degli spettacoli che si svolgevano sul piano dell’arena. Questa porzione – come abbiamo detto – era, in antico, direttamente collegata tramite un criptoportico (galleria coperta) alla palestra dove si allenavano i gladiatori, il Ludus Magnus (palestra grande). Il Ludus Magnus a sua volta faceva parte di un quartiere più esteso composto da altre palestre e servizi annessi. All’interno della galleria una installazione multimediale ti farà rivivere la marcia dei gladiatori dal Ludus Magnus verso il Colosseo. I gladiatori nella proiezione olografica indossano armature realizzate a perfetta imitazione di quelle originarie, come potrai vedere proseguendo nella visita dell’allestimento: mosaici, lucerne, rilievi, e altri reperti forniscono il contesto di riferimento per conoscere come vestivano, quali armi usavano per combattere, quale era la loro condizione giuridica e le reali motivazioni per cui si esibivano di fronte a più di 50.000 spettatori.

 

Planimetria dell’esposizione “Spettacoli nell’Arena del Colosseo. I protagonisti”

  • Colosseo e Ludus Magnus: un legame ripristinato

    L’idea di una esposizione dedicata alle classi di gladiatori e ai loro armamenti, ideata e curata dal Parco archeologico del Colosseo, nasce dal recupero e valorizzazione del criptoportico orientale del Colosseo (Ambiente 1) che come noto collegava l’arena con il quartiere delle palestre (Ludi) realizzate dall’imperatore Domiziano, di cui la meglio nota e conservata è il Ludus Magnus, il più grande e l’unico di cui si conservi parte delle strutture. Qui i gladiatori si allenavano e si preparavano alle esibizioni.

    Il criptoportico orientale oggi non è più percorribile nella sua completa interezza essendo stato interrotto nel corso del XIX secolo dalla realizzazione di un lungo collettore fognario a servizio del popoloso quartiere Esquilino. Un intervento di recupero e manutenzione del PArCo ha però restituito alla fruizione il tratto conservato al di sotto del Colosseo.

    Il Ludus Magnus – già noto nella marmorea Forma Urbis severiana – era una delle scuole di addestramento costruite dall’imperatore Domiziano (comprendenti anche il Gallicus, il Matutinus e il Dacicus); il quartiere a servizio del Colosseo comprendeva anche la sede per i marinai della flotta di Miseno, i Castra Misenatium, addetti alla manovra del velum, i depositi per le Armi, gli Armamentaria, l’ospedale o Saniarium, lo Spoliarium, ove si svestivano i corpi dei combattenti morti e infine il Summum Choragium, fabbrica e deposito delle scenografie. L’imperatore Commodo, appassionato di giochi gladiatori, era tra l’altro solito esibirsi proprio qui oltre che nel Colosseo.

    In età traianea l’edificio, forse per problemi statici della cavea o a seguito dell’incendio del 107 d.C., ricevette un importante restauro che comportò il rialzamento del piano pavimentale di almeno 1,50 metri del quadriportico attorno all’arena che invece rimase alla quota flavia. In epoca tardo-antica l’edificio dovette essere a lungo restaurato – anche se non ci sono dati certi – mentre l’abbandono si data a partire dal VI secolo d.C., quando fu utilizzato come area per modeste sepolture.

    I resti della sola metà settentrionale del complesso furono rimessi in luce nel 1937, in occasione degli scavi per la costruzione di un nuovo edificio tra via di San Giovanni in Laterano e via Labicana, e sistemati tra il 1957 e il 1961 per la realizzazione della nuova Esattoria Comunale.

    L’edificio, che doveva avere sicuramente due livelli, aveva una pianta simile a quella conosciuta per altre caserme: è il frammento della Forma Urbis marmorea di età severiana, la principale mappa catastale della Roma antica, a fornirci importanti indicazioni, confermando una pianta rettangolare con quadriportico di colonne tuscaniche in travertino, stanze di alloggio e servizi intorno allo spazio centrale dell’arena, ampia circa 2000 mq e con una cavea che poteva ospitare fino a 3000 spettatori. I percorsi interni erano assicurati da un corridoio alle spalle degli ambienti e dalle scale per i piani superiori (riconoscibili nella pianta marmorea per la presenza di segni a forma di triangolo).

    Il cortile centrale era appunto occupato dall’arena per gli allenamenti, realizzata come copia a scala ridotta di quella del Colosseo (con un rapporto di 1:2,5) e della quale resta visibile parte della curvatura.

    Sono stati trovati i resti di 14 celle per gli alloggiamenti. Le celle misuravano ciascuna all’incirca 20 metri quadrati. E’ stato stimato che l’interno del Ludus potesse accogliere un migliaio di gladiatori.

    Nel corso del XIX secolo la costruzione del collettore fognario a servizio del quartiere Esquilino, come detto, ha interrotto irrimediabilmente il collegamento tra il Colosseo e la sua palestra.

    Oggi il criptoportico, che ancora conserva la sua originaria pavimentazione in opus spicatum, torna ad animarsi e a riprendere la sua funzione: con una operazione di valorizzazione unica nel suo genere, e grazie alle tecnologie digitali e alla realtà virtuale, un emozionante video mapping con proiezioni olografiche permanenti permetterà di “attraversare il muro” che taglia il collegamento, restituendo alla vista l’area archeologica contemporanea, compressa tra le strade e i palazzi moderni che la delimitano, in un emozionante racconto del Ludus Magnus e del Colosseo all’interno del paesaggio storico del periodo imperiale di massimo splendore.

    Per rendere ancora più completa questa esperienza di conoscenza e valorizzazione, la riqualificazione del criptoportico dei gladiatori è raccontata assieme ad una esposizione temporanea che intende illustrare una selezione delle principali tipologie di coppie di gladiatori che si esibivano in combattimento sul piano dell’arena (il murmillo contro il thraex, il retiarius contro il secutor, il murmillo contro l’hoplomachus) e che proprio dal Ludus Magnus e dalle limitrofe caserme arrivavano al Colosseo.

  • Cenni sulle origini della gladiatura

    La gladiatura, ritenuta nelle fonti antiche di origine etrusca, compare in area osco-sannitica nelle scene di combattimento dipinte in alcune tombe di Paestum nella prima metà del IV secolo a.C. in cui sono raffigurate corse di bighe, incontri di pugilato e duelli tra uomini armati. In Campania, ove furono costruiti i primi anfiteatri in muratura, si offrivano agli ospiti, durante i banchetti, scontri tra uomini armati come guerrieri Sanniti (Livio,9,40,17).

    I combattimenti tra gladiatori, munera – cioè tributi o obblighi-, si sviluppano in ambito del tutto privato come cerimonie legate al compianto dei defunti, una consuetudine antica e comune ad altri popoli del Mediterraneo: ne sono esempi sia l’Iliade, dove Omero descrive i giochi (nel senso di cerimonie religiose) di Achille in onore del funerale di Patroclo, sia l’Eneide, dove Virgilio ricorda quelli organizzati da Enea per il padre Anchise. Secondo le fonti letterarie i primi combattimenti con sole tre coppie di gladiatori vennero allestiti a Roma nel 264 a.C. dai figli di Bruto Pera in onore del padre defunto (Valerio Massimo, 2,4,7).

    Il munus conserva carattere privato e funerario almeno fino ai primi anni dell’Impero, quando il crescente favore del pubblico li trasforma in spettacoli, ovvero in formidabili strumenti di propaganda politico-elettorale. Così se alla fine della repubblica molti personaggi privati continuano ad offrire spettacoli gladiatori per sostenere la propria candidatura alle cariche pubbliche, già sotto Augusto essi assunsero carattere di munificenza da parte del principe – il vero editor – nei confronti del popolo, per celebrare una vittoria o onorare la famiglia imperiale. Ma sarà lo stesso Augusto a vietare che si esibiscano più di 120 coppie di gladiatori (Tiberio le porterà a 100) per evitare di avere in giro per Roma e per le città dell’impero troppi uomini armati alle dipendenze di un magistrato.

    Da questo momento e fino al IV sec. d.C. gli spettacoli gladiatori rappresentano gli intrattenimenti pubblici più amati dai Romani di ogni estrazione sociale.

    Lo status giuridico e la provenienza dei gladiatori sono vari e complessa è la cornice giuridica in cui si esibiscono. La maggior parte sono persone cadute nel disonore e quindi legittimate a versare sangue al di fuori del sacramento militare e ad essere giudicate dal popolo, quali i prigionieri di guerra, gli schiavi o gli infames, e indossano le armature dei popoli sconfitti dai Romani: Sanniti, Galli, Traci. I prigionieri di guerra, gli schiavi e le altre categorie erano persuasi a sostenere i combattimenti in cambio di un riscatto, di un privilegio e del recupero della originaria condizione giuridica o addirittura della libertà.

    Per espiare le proprie colpe e/o recuperare i diritti perduti, i gladiatori dovevano però accettare il rischio di morte:

    Iuro per … me uri vinciri verberari virgis ferroque

    necari et quidquid aliud iusseris vel invitum me

    pati passurum

     

    Giuro … di sopportare di essere bruciato, legato, frustato con

    le verghe e ucciso con la spada e (di sopportare) qualsiasi

    altra cosa ordinerai, anche contro la mia volontà

     

    È questa la formula, tramandata da diverse fonti, riferita all’atto dell’auctoramentum (giuramento), ovvero di sottomissione del gladiatore al lanista (imprenditore) a fronte di un compenso e per un determinato periodo di tempo. La formula era integrata con l’indicazione della divinità nel nome della quale avveniva il giuramento.

    I gladiatori vivevano e si addestravano nelle caserme e costituivano una familia. Reclutati, come i militari, all’età di 17-18 anni, difficilmente superavano i 30, età media di morte dei Romani in età imperiale. Un gladiatore scendeva nell’arena circa due volte l’anno: pochi vantavano un numero di combattimenti superiore a 20. Nelle città dell’impero organizzatore degli spettacoli era l’editor: ne definiva lo schema e decideva il destino degli sconfitti. L’editor noleggiava i gladiatori dal lanista, imprenditore privato. A Roma l’editor era l’imperatore. L’organizzazione amministrativa degli spettacoli fu codificata da Augusto (Svetonio, Aug.,45), cui si deve anche il più significativo atto di codificazione delle classi gladiatorie e delle armature, e poi completata da Domiziano.

    RILIEVO FUNERARIO CON GLADIATORI (fine del I secolo a.C.)
    Rilievo in marmo appartenente ad un sepolcro da Pescorocchiano, antica Nersae, raffigurante una scena di lotta tra due gladiatori. Sulla destra compare l’arbitro (Summa Rudis) della contesa con un bastone per separare i due contendenti. Il reperto è esposto in mostra nell’ambiente 6. Parco archeologico del Colosseo.

  • Le coppie di gladiatori

    I gladiatori si dividevano in varie classi – se ne conoscono 16 – in base all’origine, alle armi, al costume e alla tecnica di combattimento.

    Queste classi però non sono esistite contemporaneamente. In origine il gladiatore personificava il nemico da sconfiggere: il Samnes, il Gallus e il Thraex.

    Il Samnes è il gladiatore più antico (Livio, 9, 40). Forse ad epoca cesariana risale il Gallus, che già alla fine dell’età repubblicana cambia il nome in Murmillo (Paulus ex Festo 359.1-5; Cicerone, Filippiche, 3.12). Il Thraex, caratterizzato dalla tipica spada ricurva –sica-, è spesso presente nelle iscrizioni romane del I e II secolo d.C.

    Generalmente all’età di Augusto si fa risalire la codifica delle classi gladiatorie, certo compiuta con i Flavi, benché suscettibile di successive variazioni.

    L’iscrizione di un collegio funerario di Roma, datata al 177 d.C., regnante Commodo, elenca nome e specializzazione di numerosi tipi di gladiatori sulla base dell’armatura: thraex, hoplomachus, essedarius, contraretiarius, murmillo, provocator, retiarius. Nella mostra permanente “Il Colosseo si racconta” al II ordine sono esposte numerose lucerne con immagini gladiatori colti in diverse pose.

    Sulla base del livello di apprendistato, il singolo gladiatore è definito novicius, cioè appena arruolato; tiro, il gladiatore che ha completato l’addestramento ed è pronto per il suo primo scontro; veteranus, il gladiatore che ha al suo attivo almeno un combattimento. Al termine del combattimento la palma e la corona, presumibilmente di alloro, spettavano al vincitore; la rudis, spada di legno, invece, si consegnava al gladiatore al termine della carriera.

    Nel I secolo d.C. la grazia –missio– allo sconfitto, era normalmente concessa nel momento in cui il gladiatore, sfinito, dava un chiaro segno di ammissione della sconfitta, levando in alto la mano sinistra (quella della difesa) con l’indice teso, secondo la formula ad digitum pugnare (combattere fino al dito).Dall’età imperiale avanzata prevalsero i combattimenti sine missione, senza grazia, identificandosi il prestigio sociale dell’editor con la sua munificenza.

    Le più comuni coppie di gladiatori documentate, dal I secolo a.C. al IV secolo d.C., prevedono sempre lo stesso abbinamento, ovvero murmillo-thraex; murmillo-hoplomachus; retiarius-secutor. A queste è dedicata l’esposizione allestita negli ipogei del Colosseo.

  • Ambiente 2 - Mosaico con scena di caccia (venatio)

    Mosaico con scena di caccia (venatio) e iscrizione ex vicen(alibus) f(e)l(iciter) veli, riferibile alla celebrazione del ventesimo anno di regno dell’imperatore Antonino Pio (158 d.C.). Il simbolo di sconfitta, il THETA NIGRUM, si riferisce alla morte dell’animale; la V, che può essere sciolta in vicit, al cacciatore vincitore; VELI, di difficile integrazione, è forse un’abbreviazione del nome del cacciatore.

    Negli anfiteatri, durante la lunga giornata dedicata agli spettacoli, non si svolgevano solo combattimenti tra gladiatori: molto popolari erano anche le scene di caccia o venationes. È questo il caso del mosaico esposto. Sono raffigurati due personaggi con capelli lunghi e corta tunica che affrontano una fiera e a lungo si è dibattuto se essi siano donne o uomini. Ad oggi l’interpretazione corrente preferisce identificarvi degli uomini. La presenza di donne nelle arene, come gladiatrici o cacciatrici, è comunque testimoniata nelle fonti letterarie e nella documentazione archeologica: spesso furono gli stessi imperatori a organizzare spettacoli con donne che, per la loro rarità, rendevano più interessanti le esibizioni.

    Da Roma, Castra Praetoria

    II secolo d.C.

  • Ambiente 3 - Elmo di Murmillo

    Elmo di gladiatore Murmillo

    Elmo da parata di gladiatore Murmillo, in fusione di bronzo, con scene del ciclo finale della guerra di Troia.

    In questo tipico elmo da cerimonia da murmillo, in fusione di bronzo, risaltano le scene dell’”Ilioupersis” (la caduta di Ilio, Troia), un antico poema epico greco andato perduto, e del quale sono rimasti solo pochi frammenti. Attribuito ad Arctino di Mileto, il testo è stato probabilmente composto nel VII-VI secolo a.C. e si focalizza sul ciclo finale della guerra di Troia e le gesta di Enea con il gruppo di Neottolemo e Priamo, e di Aiace e Cassandra. Nella narrazione di questo elmo viene esaltata soprattutto l’immagine di Atena e della nascita di Roma. Ampiamente lavorata è anche la parte bassa dell’elmo. Lo sfondo di tutto il cimiero è geometricamente scandito dal disegno delle mura della città. La cresta classica, molto emergente ed inscatolata, riccamente decorata, è quasi sempre priva di piumaggio (in contrasto con la vistosa galea del tradizionale avversario del murmillo: il thraex).

    La riproduzione è ottenuta dallo stampo originale del I secolo d.C. proveniente dalla Caserma dei Gladiatori di Pompei, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

    (Collezione privata Silvano Mattesini)

    Elmo di gladiatore Murmillo con scene del ciclo finale della guerra di Troia (Collezione privata Silvano Mattesini)

  • Ambiente 4 - Murmillo e Thraex

    VETRINA 1

    IL GLADIATORE MURMILLO

    Come il secutor, il murmillo appartiene alla categoria degli scutarii difesi da un grande scudo rettangolare. I murmillones traggono il loro nome dall’immagine del pesce, una mormora, che avevano sull’elmo. Indossavano un armamento difensivo caratterizzato dall’elmo con tesa ripiegata sui lati e protezione per gli occhi, realizzata con una griglia molto ampia che consentiva una ottima visione generale. La sua arma era il gladius, la spada dalla lama in ferro lunga 40-50 centimetri. Completavano l’armamento, lo schiniere (ocrea) alla gamba sinistra e la protezione per il braccio imbottita di lino a vari strati, o di cuoio duro (manica). L’ocrea era assicurata al polpaccio attraverso dei lacci ancorati agli occhielli in bronzo. Nonostante questo armamento pesante ed impenetrabile, il suo avversario classico, il thraex, saltando sopra allo scudo ed utilizzando una terribile arma ricurva che rispondeva al nome di sica, riusciva a lacerare la schiena del suo avversario all’altezza del fianco o della scapola.

    IL GLADIATORE THRAEX

    Il thraex – il cui nome deriva dalla sua terra d’origine (la Tracia) – è il massimo rappresentante della categoria dei parmularii o gladiatori con piccolo scudo rettangolare (parma): è il classico avversario del murmillo. Il thraex, armato di elmo caratterizzato da pennacchio (lophos) a forma di grifone, è stato da sempre riconosciuto per la sua arma caratteristica detta “sica supina”, una spada originaria dell’Est Europeo simulante il becco affilato del grifone alato. La sua forma ad uncino aveva lo scopo di colpire alla schiena l’avversario, che era quasi sempre il murmillo, come detto. Lo scudo del Trace è molto più piccolo di quello degli scutarii. A causa della dimensione ridotta dello scudo utilizzava, come protezione della coscia, degli alti schinieri (ocreae) che arrivano quasi fino all’inguine. La protezione in mostra – di cui è presente una ricostruzione dell’originale ritrovato all’interno della Caserma dei Gladiatori di Pompei e attualmente al Museo Archeologico Nazionale di Napoli -, rappresenta un importante accessorio da parata. Si tratta infatti di una fusione pesantissima in bronzo ed estremamente lavorata. Nella parte alta sono raffigurate foglie di alloro, di quercia e spighe di grano.  All’interno delle ocreae e a contatto con la pelle doveva essere posta una protezione funzionale ben imbottita.

    VETRINA 2

    Elmo da parata di gladiatore Murmillo, in fusione di bronzo, con la personificazione di Roma Vittoriosa con elmo da combattimento, abiti da Amazzone e seno scoperto.

    La riproduzione è ottenuta dallo stampo originale della seconda metà del I secolo d.C. proveniente dalla Casermadei Gladiatori di Pompei, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli

    (Collezione privata Silvano Mattesini)

    Elmo da Murmillo in fusione di bronzo raffigurante scene con la personificazione di Roma Vittoriosa che indossa un elmo da combattimento in abiti da Amazzone e seno scoperto (Collezione privata Silvano Mattesini)

    VETRINA 3

    Elmo da parata di gladiatore Thraex, in fusione di bronzo, con la raffigurazione di un albero di palma sulla fronte e testa di un grifone sulla cima.

    L’elmo in mostra, in fusione di bronzo, è caratterizzato da una calotta semisferica con una larga tesa paracolpi che, a differenza di altri elmi gladiatori, risulta più lineare e con una lieve piegatura vicino al parietale. La protezione per il volto è totale e lascia aperti solo due fori protetti da grata per gli occhi. Questo dettaglio ne consente la datazione in età giulio-claudia. Sulla fronte è raffigurato un albero di palma come allusione alla “palma lemniscata” che veniva concessa alla fine del combattimento al vincitore. Sulla visiera in bronzo sono raffigurati due piccoli scudi rotondi (parmae) e due lance incrociate, mentre in alto svetta la testa di un “grifo”. Questi simboli appartengono ad un gladiatore thraex (parmularius perché armati di parmulae, piccoli scudi). Sui lati dell’elmo (galea) sono ben visibili i “bicchieri” per la posa di alte piume, mentre, nella zona sotto la tesa paracolpi, si possono notare i rinforzi in bronzo a protezione dei colpi inferti lateralmente.

    La riproduzione è stata ottenuta dallo stampo originale della prima metà del I secolo d.C. proveniente dalla Caserma dei Gladiatori di Pompei, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

    (Collezione privata Silvano Mattesini)

    Elmo di gladiatore Thraex raffigurante due piccoli scudi rotondi e due lance incrociate e testa di un “grifo” (Collezione privata Silvano Mattesini)

     

     

     

  • Ambiente 5 - Secutor, Retiarius e Provocator

    VETRINA 1

    Nella vetrina è esposto un gradino della cavea del Colosseo in marmo lunense in cui è raffigurato, in graffito, il combattimento tra un gladiatore Retiarius e un gladiatore Secutor (in alto).

    VETRINA 2

    IL GLADIATORE RETIARIUS

    L’abbigliamento del retiarius si componeva di un ampio perizoma fissato in vita (subligaculum), di un’ampia cintura (balteus), di una robusta protezione (manica) al braccio sinistro e di una placca metallica alla spalla sinistra per proteggere la gola (galerus). Era privo di elmo e scudo, e l’unica arma difensiva contro il suo avversario (il secutor), oltre alla rete e al tridente (come racconta Isidoro di Siviglia, Etymologiae sive Origines,18,55), era il pugnale (pugio).  Faceva parte di una categoria introdotta all’inizio dell’età imperiale. La mancanza totale di armamento tipico a vantaggio di armi essenziali è espressione di agilità, astuzia e destrezza di fronte alla proclamata potenza militare del suo avversario secutor. Il tridente era la sua arma principale, terribile e molto efficace, con una forza di sfondamento notevole perché brandita con entrambe le mani. Un colpo ben assestato doveva essere un grande trauma per il suo avversario, indipendentemente dal coefficiente di penetrazione e dal tipo di protezione che aveva il secutor.

    IL GLADIATORE SECUTOR

    Il secutor (Isidoro di Siviglia, Etymologiae sive Origines,18,55) è noto anche con il nome di contraretiarius, essendo il retiarius il suo vero ed unico avversario. Il suo elmo (galea) di forma ovoidale, liscio ed essenziale, è costruito per far scivolare senza appigli la rete e il tridente del mandatario del Dio Nettuno (retiarius). L’armamento del secutor è composto dalla spada (gladius), corta, diritta, veloce, e non ingombrante, dal corto schiniere (ocrea) nella gamba sinistra e da una protezione del braccio dalla spalla alla mano (manica) imbottita a protezione della mano. Era munito di un largo scudo (scutum), talvolta a forma di semicerchio nella parte alta, a protezione del terribile colpo di tridente del suo antagonista. Per la gola, aveva un paracolpi di metallo o di cuoio indurito, spesso con forma poligonale a varie punte. Il suo omonimo contraretiarius, individuato come scissor, aveva lo stesso tipo di elmo del secutor, ma era privo di scudo: come protezione e per annientare la potenza del tridente usava il tipico martello a due teste o maglio, ed un pugnale affilato. La sua corazza di difesa era rappresentata da una lorica squamata lunga fin sotto l’inguine, una delle corazze più robuste nel panorama militare.

    Armature complete di un gladiatore Retiarius a destra e di un gladiatore Secutor a sinistra (Collezione Mattesini). Al centro rilievo dall’isola di Coo (Grecia)

     

    All’interno della vetrina è esposto un rilievo rinvenuto nell’Isola di Coo (Grecia) e generosamente prestato per l’occasione dal Comune di Trieste – Museo d’Antichità J.J. Winckelmann.

    Il rilievo raffigura un combattimento gladiatorio tra il Retiarius Κρίτοϛ e il Secutor Μάρισκοϛ. Il retiarius a sinistra tiene in mano il tipico tridente, mentre il secutor a destra tiene il grande scudo e l’elmo liscio. Il Retiarius Κρίτοϛ è stato definitivamente liberato (ἀπελύθη) dal ludus ovvero “dalla caserma dei gladiatori” (ἔξω λούδου) avendo così raggiunto il congedo definitivo dalla gladiatura. Tale evento può configurarsi come lo scioglimento dal contratto dell’auctoramentum, il giuramento con il quale l’auctorato, in cambio di denaro e per un tempo limitato, accettava di sacrificare sé stesso, combattendo per il riscatto finale ma rischiando in tal caso anche di morire.

     

    Accanto alla vetrina 2 sono esposti due elmi:

    ELMO TIPO WEISENAU

    Elmo militare Traianeo della Legio XXX Ulpia Victrix simile all’elmo militare tipo Weisenau utilizzato dal Provocator nel periodo Imperiale: è caratterizzato da un ampio paranuca ed un robusto paracolpi frontale. L’elmo è una riproduzione dell’originale di età traianea, conservato al Rheinisches Landesmuseum di Bonn.

    ELMO MILITARE DA PROVOCATOR

    Ricostruzione di un elmo di tipo militare, utilizzato in guerra, con paragnatidi in cuoio bollito e sgrondo frontale che funziona da paracolpi. La tipologia è quella di un elmo del II secolo a.C.

    VETRINA 3

    PROVOCATOR DEL PERIODO IMPERIALE

    Questo tipo di gladiatore rappresenta la scherma per eccellenza di forze uguali e contrapposte, tanto da essere considerato il corpo di “sperimentazione” delle legioni di Roma. L’armamento è quello degli scutarii con scudo rettangolare, ampia protezione e spada (gladius) di tipo militare utilizzata fondamentalmente di punta. Ha un corto schiniere (ocrea) nella gamba sinistra e pettorale (cardiophilax) a protezione del petto. L’elmo è del tipo gallico chiuso e senza cresta con paracolpi frontale e protezione sulla nuca.

  • Ambiente 7 - L'Hoplomachus o Thraex di tipo A

    IL GLADIATORE HOPLOMACHUS (o THRAEX di Tipo A)

    Secondo alcuni studiosi l’hoplomachus fa parte della categoria dei parmulari caratterizzati da uno scudo rotondo (parma) dal quale emerge una affilata spada o machaera. Utilizza, oltre agli alti schinieri (ocreae) fino all’inguine, anche grosse ed imbottite protezioni per le gambe. Il torso è scoperto, mentre la sua arma più invasiva è la lancia. Indossa un elmo con grifone a tesa alta e ornato di piume. Lo scudo ricostruito ed esposto in mostra, è ricavato da un originale che si trova oggi al Museo archeologico Nazionale di Napoli, ed è decorato con foglie di olivo trattate in rame e argento. Al centro domina una testa di medusa sempre circondata dagli stessi motivi naturalistici.

    Secondo un’altra interpretazione, invece, l’hoplomachus è uno scutatus (armato di grande scudo) proveniente dalla categoria dei Sanniti. Il gladiatore con scudo piccolo rotondo quindi apparterrebbe ancora alla tipologia dei Traci.

    Nella vetrina assieme all’armatura completa sono esposte tre lucerne.

  • Ambiente 8 - Sistemi di sollevamento

    SISTEMI DI SOLLEVAMENTO

    Nei sotterranei del Colosseo sono presenti almeno due sistemi di sollevamento di uomini e animali per lo svolgimento degli spettacoli sull’Arena.

    Il primo sistema fu realizzato negli anni della inaugurazione del Colosseo (I secolo d.C.): si componeva di 28 montacarichi azionati da altrettanti argani, dotati di gabbie che potevano ospitare animali di dimensioni contenute quali felini, lupi, cinghiali, cervi, antilopi.

    Per azionare simultaneamente i montacarichi erano necessarie 224 persone, 8 per ogni argano.

    Il secondo sistema invece venne installato nel corso del III secolo d.C.: in questa occasione fu aumentato fino a 60 il numero di montacarichi, azionati da un sistema di argani e contrappesi in piombo di peso variabile, e da funi che passavano entro carrucole inserite in pilastri di travertino, come illustra il modello ricostruttivo esposto in questa sede.

    Realizzato da Istituto Archeologico Germanico di Roma

  • Il glossario dei gladiatori

    GLOSSARIO

    Balteus: alta cintura

    Cavea: spalti

    Cardiophilax: pettorale, corazza

    Corona: corona

    Editor: impresario di pubblici spettacoli

    Familia: gruppo di gladiatori appartenenti ad un lanista

    Equites: cavalieri

    Galea: elmo

    Galerus: protezione metallica del braccio sinistro del retiarius

    Gladius: spada corta che feriva di taglio e di punta

    Lanista: impresario dei gladiatori

    Libertus: che ha ricevuto la libertà

    Lophos: pennacchio, cimiero, cresta

    Machaera: spada

    Manica: protezione del braccio dalla spalla alla mano

    Munus/munera: dovere, obbligo, dono

    Novicius: gladiatore appena arruolato

    Ocrea: schiniere, gambale, armatura della gamba

    Opus spicatum: pavimento con laterizi a spina di pesce

    Palma: palma (premio della vittoria)

    Parma / parmula: scudo piccolo

    Pugio: pugnale

    Rudis: bastone o spada di legno

    Scutum: grande scudo rettangolare

    Scutatus: gladiatore munito di grande scudo rettangolare

    Subligaculum: ampio perizoma fissato in vita

    Summa rudis: arbitro

    Sica: pugnale ricurvo

    Tiro: gladiatore esordiente che ha completato l’addestramento ed è pronto per il suo primo scontro

    Veteranus: gladiatore che ha superato il primo combattimento

  • Bibliografia essenziale

    Bibliografia essenziale sul Ludus Magnus

    A.M. Colini, L. Cozza, Ludus Magnus, Roma 1962.

    S. Serra, A. Ten, Ludus Magnus: dati per una nuova lettura, in Scienze dell’Antichità, 19.1., Roma 2013, pp. 203-218.

    Bibliografia essenziale su gladiatori e gladiatura

    A. Augenti, Spettacoli del Colosseo nelle cronache degli antichi, Roma 2001.

    A. La Regina (a cura di), Sangue e arena, catalogo della mostra (Roma, 22 giugno 2001 – 7 gennaio 2001), Electa, Milano 2002.

    M. Papini, Munera gladiatoria e venationes nel mondo delle immagini, Accademia nazionale dei Lincei, Roma 2004.

    F. Guidi, Morte nell’arena. Storia e leggenda dei gladiatori, Mondadori, Milano 2009.

    C. Mann, Gladiatori, Il Mulino, Bologna 2014.

    S. Rinaldi Tufi, Gladiatori. Una giornata di spettacoli, Quasar, Roma 2018.

    P. Arena, Gladiatori, carri e navi. Gli spettacoli nell’antica Roma, Carocci Editore, Roma 2020.

    V. Sampaolo (a cura di), Gladiatori, catalogo della mostra (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, 8 marzo 2021 – 30 giugno 2021), Electa, Milano 2020.

    A. Russo, F. Rinaldi (a cura di). Iuri vinciri verberari ferroque necari. Studi e ricerche sul mondo dei gladiatori, Roma 2024.

    Bibliografia sul rilievo dal Museo Civico di Trieste

    L. Zenarolla, Rilievo con scena gladiatoria, in M. Verzár Bass (a cura di), Corpus Signorum Imperii Romani. Italia, Regio X – Friuli Venezia Giulia, Vol. II, Trieste 1, Raccolte dei Civici Musei di Storia ed Arte e rilievi del propileo, Roma 2003, pp. 120-125.