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La manutenzione straordinaria dell’Arco di Costantino

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L’Arco di Costantino, posto lungo la via percorsa dai trionfi, nel tratto compreso tra il Circo Massimo e l’Arco di Tito, è il più grande arco onorario giunto fino a noi e rappresenta una sintesi della propaganda ideologica di età costantiniana.
L’arco celebra il trionfo dell’imperatore Costantino su Massenzio, avvenuto il 28 ottobre del 312 d.C. a seguito della battaglia di ponte Milvio. L’iscrizione sul fornice centrale narra che il monumento fu dedicato dal Senato all’imperatore in memoria di quel trionfo e in occasione dei decennalia dell’impero all’inizio del decimo anno di regno, il 25 luglio del 315 d.C.

La decorazione in lastre marmoree a rilievo fu ideata e realizzata secondo un progetto unitario, utilizzando perlopiù materiali di spoglio provenienti da altri monumenti imperiali. Sulle facce principali dell’arco e sui lati si alternano, secondo schemi simmetrici, rilievi dell’età di Traiano, di Adriano, di Marco Aurelio e infine, nel settore inferiore, dell’età di Costantino. Marmi colorati ornavano le superfici: colonne in giallo antico, specchiature in porfido rosso ospitavano i tondi adrianei, basi in marmo cipollino sorreggevano le statue dei Daci in marmo pavonazzetto, mentre forse una fascia in marmo colorato, forse serpentino, percorreva orizzontalmente la cornice.

  • Lo stato di conservazione

    Tra il febbraio e giugno 2021 si è svolto un intervento di manutenzione straordinaria dei fronti settentrionale e occidentale dell’arco, a breve inizierà il restauro dei due fronti rimanenti, a completamento dell’intervento di manutenzione.
    L’Arco di Costantino è stato oggetto di diversi interventi di restauro e manutenzione, a partire dagli anni Cinquanta, con interventi strutturali volti alla messa in sicurezza dell’ordine libero di colonne all’epoca del Soprintendente alle antichità Pietro Romanelli e la qualità degli interventi eseguiti a partire dagli anni Ottanta e principalmente dedicati alla conservazione delle superfici, ha garantito la buona conservazione delle superfici fino ad oggi, trasmettendo il monumento in buone condizioni nonostante l’esposizione al traffico veicolare e agli agenti atmosferici, due tra i principali fattori di deterioramento delle superfici dell’arco. Se l’esposizione di un lato dell’arco a Sud da un lato inibisce la formazione di microrganismi vegetali, dall’altro favorisce la cristallizzazione di sali solubili sulle superfici, che favoriscono la progressiva disgregazione del marmo. Al contrario, la mancanza di irraggiamento solare del fronte Nord facilita lo sviluppo dei microorganismi e riduce i fenomeni di disgregazione del marmo. L’intervento recentemente concluso ha interessato i fronti Nord ed Est, sui quali si era formato uno spesso strato di patine algali dannose per la conservazione del marmo e per la visione del monumento poiché non permetteva di apprezzare i marmi policromi dell’arco.
    Oltre alle patine biologiche l’arco subiva l’infiltrazione di acque meteoriche, la perdita di funzionalità di stuccature e lo sviluppo di licheni che danneggiavano le superfici esteticamente e materialmente, attaccando il marmo sottostante. Erano presenti zone in cui il marmo era disgregato e mostrava segni di polverizzazione; inoltre le parti più aggettanti dei rilievi erano diventate appoggio per volatili che le avevano coperte di guano, deiezione pericolosa perché aggredisce chimicamente la pietra. La deposizione di polveri atmosferiche nelle aree più riparate e non dilavate dalla pioggia sporcavano le superfici e attivavano la formazione di croste nere, una forma di degrado che erode e polverizza il marmo.
    Ancorché le superfici non presentassero situazioni gravemente compromesse non era più possibile apprezzare la policromia dei marmi e la preziosità del modellato dei diversi bassorilievi.

  • La manutenzione straordinaria

    All’inizio dell’intervento sono state realizzate la documentazione fotografica delle superfici e le mappature del degrado allo scopo di registrare lo stato di conservazione e localizzare le situazioni di degrado. È stato condotto il trattamento biocida ed erbicida per eliminare le piante infestanti e le patine algali (figg. 1 e 2). Sono state eseguite le prove pulitura per mettere a punto un protocollo d’intervento efficace e modulato sulle molteplici forme di degrado riscontrate: per questo motivo le prove sono state realizzate in più punti rappresentativi delle diverse problematiche (fig. 3).
    La pulitura delle superfici è stata quindi eseguita principalmente con acqua e l’ausilio di spazzole, spazzolini, spugne per rimuovere le patine algali e i depositi di particellato atmosferico (fig.4 e 4 bis). Ove le superfici si sono rivelate troppo delicate la pulitura è stata condotta con strumentazione laser (fig 5). Questo sistema, altamente selettivo, si rivela fondamentale per pulire le superfici fragili sulle quali non è possibile agire con gli strumenti tradizionali, o per rimuovere croste nere al di sotto delle quali la superficie è molto disgregata. La rimozione laser ha permesso di eseguire la pulitura anche in aree mal raggiungibili con strumenti tradizionali come il retro dei capitelli, i capitelli di lesena, i delicati rilievi adrianei e traianei e ancora le superfici della veste in pavonazzetto dei Daci che per degrado, sottigliezza della pietra e delicatezza non potevano essere trattati altrimenti.
    Sono state consolidate le zone disgregate ed è stato eseguito l’incollaggio delle parti distaccate: sebbene gli interventi eseguiti nei decenni passati si distinguano per qualità e durata, si è reso necessario ritornare su incollaggi che nel tempo hanno perduto la loro funzionalità.
    Tra gli interventi “silenziosi” ma più importanti è la capillare esecuzione di microstuccature che i restauratori hanno pazientemente eseguito sigillando una per una le millimetriche fessurazioni e microfessurazioni del marmo evitando l’infiltrazione dell’acqua e degli inquinanti.
    Queste ultime assumono anche una funzione di strato di sacrificio degradandosi al posto del marmo sottostante.
    L’intervento di restauro ha reso i marmi nuovamente apprezzabili nella loro varietà e ha permesso anche di scorgere particolari prima poco visibili come l’incisione sulle basi delle statue dei Daci dell’espressione AD ARCU, ad indicare la destinazione scelta per le statue preliminarmente alla messa in opera.

    Particolare dell’incisione sulle basi delle statue dei Daci dell’espressione AD ARCU

    Sono state poi rintracciate le staffe in bronzo che assicuravano il rivestimento marmoreo alla cornice dell’arco e la malta originale retrostante, composta di calce e pozzolana. I tondi adrianei presentavano tracce di un colore rosso che è stato indagato per scoprire se fosse dovuto ad una possibile applicazione di colore o ad altra origine: le indagini hanno ricondotto queste macchie a ossidi di piombo dovuti alla presenza di elementi in piombo poi rimossi.
    L’arco non smette di stupire!