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Camminare sulla Storia. Mosaici e pavimenti in marmo del Palatino

Attività per

Adulti, Famiglie, Scuole, Singoli

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Un nuovo itinerario tra Foro Romano e Palatino, un percorso online che può tradursi facilmente in realtà in occasione di una visita al Parco archeologico del Colosseo e vi farà abbassare lo sguardo per scoprire che cosa state calpestando, per capire in quale edificio e ambiente vi state muovendo, per riconoscere i pavimenti antichi in marmi policromi e in mosaico che decoravano gli edifici pubblici, ma anche e soprattutto le case private e i palazzi. Il percorso spazia dal II-I sec. a.C. fino al VI-VII secolo d.C. ed è utile per imparare a riconoscere le tecniche di decorazione pavimentale presenti nei templi, nelle basiliche civili, nelle domus e nei palazzi. In aggiunta al percorso è disponibile una mappa interattiva agganciata al nostro sistema webGIS per la manutenzione dei mosaici, sulla quale sono disegnati i “poligoni” dei mosaici e dei pavimenti visibili dal nostro pubblico: cliccando su ogni poligono in prossimità di uno di questi, apparirà una scheda che aiuterà a individuare il pavimento e a leggerne un po’ di storia.
Consulta qui la mappa interattiva: https://cdrweb.parcocolosseo.it/

Il percorso è curato da Federica Rinaldi, Alessandro Lugari e Francesca Sposito.
Qui trovi il percorso del Foro Romano: https://bit.ly/mosaiciforo

 

GLI HORREA AGRIPPIANA

Gli Horrea Agrippiana sono un complesso di magazzini edificati da Marco Vipsanio Agrippa e che da lui presero il nome. L’edificio, accessibile dal vicus Tuscus lungo il lato nord-occidentale, era originariamente a tre piani. È a pianta rettangolare e presenta tabernae lungo tutti e quattro i lati, affacciate su un cortile centrale.
Al centro della corte si imposta un’edicola centrale con il sacello dedicato al genius horreorum, come documenta l’iscrizione sul piedistallo qui conservato. Il pavimento è in tessellato con raffigurazione del volto del dio Oceano. La prima fase degli Horrea è da comprendere tra il 33 e il 12 a.C., con ristrutturazioni successive documentabili alla fine del II d.C., epoca a cui risale la risistemazione del sacello centrale, e ancora fino al IV-V secolo d.C. Il mosaico a tessere bianche e nere dell’edicola centrale raffigura una maschera maschile inserita entro un ottagono curvilineo i cui vertici sono generati da sei candelabri filiformi e due vasi panciuti. I candelabri a loro volta si sviluppano a partire da elementi vegetalizzati che danno all’insieme un effetto arabescante.
Il punto focale del disegno è il volto maschile al centro della composizione: spiccano le corna e le chele sulla sommità del capo e la folta barba terminante con due teste a forma di pesce. Gli attributi caratterizzano inequivocabilmente il volto come quello del dio Oceano, presentato frontalmente e con fattezze piuttosto giovani. È importante sottolineare che il dio qui è usato senza alcuna relazione con il decoro vegetale del pavimento e quindi con funzione decorativa e di riempimento dell’intero disegno.
Il soggetto non è diffusissimo e compare solo a partire dall’età adrianeo-antonina (seconda metà del II secolo d.C.), sia nella versione in bianco e nero, come qui negli Horrea Agrippiana e in un mosaico di via delle Mura Portuensi a Roma, sia nella versione policroma, come nel celebre esempio della villa di Baccano (tutti esposti al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo), conoscendo ampia attestazione nel corso del III secolo d.C., soprattutto in ambito nord-africano. La sua presenza all’interno del complesso degli Horrea può essere riconducibile al legame con il mare e genericamente con il commercio anche se non sono mancate altre interpretazioni.

Horrea Agrippiana, mosaico con raffigurazione del dio Oceano, veduta d’insieme del sacello dedicato al genius horreorum (Archivi PArCo)

 

 

IL PAEDAGOGIUM

Lasciati gli Horrea Agrippiana, proseguiamo il percorso lungo le pendici meridionali del colle fino ad arrivare al Paedagogium, un tempo luogo di istruzione per i paggi imperiali ma anche per gli schiavi. Di età domizianea, come confermano i bolli laterizi qui rinvenuti, l’edificio si affaccia sul Circo Massimo. L’edificio, disposto su due livelli che sfruttano la morfologia del pendio del colle, era costituito da due file di stanze separate da un cortile. All’ambiente principale, absidato, non disposto sull’asse centrale, si affiancano nove stanze minori. L’impianto di età flavia fu ampiamente rimaneggiato e alla fase di età severiana (primi decenni del III secolo d.C.) appartengono i mosaici conservati in tre degli ambienti del complesso, tutti geometrici e con impiego di tessere bianche e nere.
Nel primo ambiente da sinistra, ponendosi di fronte all’edificio, si riconosce un mosaico a tessere bianche disposte su file parallele, bordato da tessere nere. Le tessere, piuttosto grossolane, non presentano taglio regolare né identiche dimensioni, determinando una generale irregolarità dell’ordito, in particolare per quanto riguarda i margini del bordo.
Nel secondo ambiente da sinistra, ponendosi di fronte all’edificio, si riconosce un mosaico con composizione di grandi ellissi tangenti che formano quadrati a lati concavi grandi e piccoli.
Nel terzo ambiente da sinistra, ponendosi di fronte all’edificio, si riconosce un altro mosaico geometrico internamente decorato da grandi ellissi campite di tessere nere e quadrati a lati concavi intercalati tra i disegni delle ellissi. L’esiguità della parte conservata non consente di determinare in che modo i vari motivi decorativi si associassero e si alternassero. Il gusto geometrico dei mosaici del Paedagogium è quello tipico di età severiana, quando si assiste ad un’esplosione delle figure geometriche sui mosaici in bianco e nero, spesso di grandi dimensioni, come nel nostro caso. Un mosaico con composizione simile si conserva sempre presso il colle Palatino, ma lungo il suo versante orientale, presso la cosiddetta domus di via di San Gregorio. I mosaici, seppur lacunosi, si trovano in buono stato di conservazione, e dal 2020 sono stati oggetto di un intervento di manutenzione che ha previsto, per i due tessellati geometrici, la predisposizione di graniglia lungo i bordi per impedire la ricrescita della vegetazione infestante e nello stesso tempo per colmare la lacuna con una soluzione cromaticamente affine al disegno originale.

Paedagogium, mosaico bianco-nero con composizione di ellissi (Archivi PArCo)

LA SCHOLA PRAECONUM

La Schola Praeconum, complesso che si apre lungo via dei Cerchi, ad est della chiesa di Sant’Anastasia, è stata da poco riaperta al pubblico in alcuni periodi dell’anno. L’edificio fu realizzato in tecnica laterizia in epoca severiana, contestualmente alla generale ristrutturazione del versante meridionale del Palatino. La struttura presenta tre grandi ambienti coperti a volta, il maggiore in posizione centrale, gli altri disposti simmetricamente ai lati, aperti con grandi soglie verso un cortile porticato a pilastri, che metteva in comunicazione la struttura con l’asse viario antistante. Il nome con cui viene convenzionalmente identificato è dovuto all’iconografia del mosaico scoperto da Antonio Muñoz, e alle scene raffigurate sulle pitture dell’ambiente orientale. Il soggetto principale del mosaico è una processione di otto personaggi, divisi in due gruppi, che sfilano sulle pareti opposte dal fondo del vano verso la porta; si tratta di figure maschili vestite di corta tunica, con vessilli, caducei e bastoni, interpretate come araldi o aurighi (praecones) preposti a guidare le processioni circensi. Le tessere presentano dimensioni e taglio irregolare, che consentono di datare il mosaico in età tardo imperiale (III-IV secolo d.C.). Il soggetto e l’iconografia del mosaico non trovano confronti precisi tra le pavimentazioni musive, e potrebbero quindi essere stati creati appositamente per l’ambiente della schola, prendendo in parte spunto dalla decorazione pittorica che ugualmente raffigura una teoria di figure maschili e tenendo conto anche della funzione per il quale l’ambiente stesso veniva utilizzato. Dal 2020 il mosaico è stato interessato da un intervento di restauro che ha previsto la rimozione dell’interro protettivo e delle piante superiori, il trattamento biocida, il consolidamento dei cordoli di contenimento costituiti da mattoni di taglio, il fissaggio delle tessere mobili, la pulizia con impacchi di acqua e di sali solubili di bicarbonato di ammonio. Infine le lacune sono state integrate, con breccia bianca aurora per le parti in bianco e con breccia in basalto per quelle in nero.

Schola Praeconum, mosaico bianco-nero con raffigurazione di araldi in processione con vessilli, caducei e bastoni (Archivi PArCo)

LA DOMUS AUREA

Nelle residenze imperiali del Palatino al più “povero” mosaico erano preferiti i preziosi pavimenti a lastre o in opus sectile.
Tra le imponenti rovine dei palazzi imperiali sul colle troviamo ogni genere di marmi policromi, il più delle volte d’importazione. I marmi preferiti dagli imperatori erano quelli nord-africani, come il marmo giallo antico, detto anche numidicum, o il prezioso porfido rosso d’Egitto, ma anche marmi greci come il proconnesio, il porfido verde ed il marmo cipollino, con le sue eleganti venature verdi.
Proprio sul Palatino si trova quello che dagli studiosi del settore è stato definito come il pavimento più bello dell’Antichità, il lussuoso e raffinato opus sectile che doveva rivestire una sala monumentale scandita da portici colonnati della Domus Aurea sul versante del Palatino, la dimora di uno degli imperatori più famosi di sempre, Nerone. Di certo a gusto Nerone non era secondo a nessuno, come ci testimoniano ancora le monumentali architetture della Domus Aurea e le sue decorazioni pittoriche e pavimentali.
L’opus sectile, redatto con marmi policromi quali giallo antico, porfido rosso, serpentino e portasanta, sviluppa un disegno geometrico particolarmente sofisticato e mai più riproposto nell’antichità, con motivi floreali nella zona centrale e lastre listellate sulle fasce. Da notare la raffinatezza dei dettagli in porfido verde e rosso, come le foglioline, i bottoncini al centro degli elementi floreali, i triangoli negli elementi vegetali.

Domus Aurea, opus sectile marmoreo con motivi floreali, particolare (Archivi PArCo)

LA DOMUS AUGUSTANA

Il secondo palazzo che ci accingiamo a visitare è la cosiddetta Domus Augustana, che costituiva la parte privata della residenza imperiale. Al contrario della parte pubblica (la Domus Flavia), composta da pochi ambienti di grandi dimensioni, la Domus Augustana era formata da vani piccoli alternati ad ambienti più ampi, tutti disposti intorno a giardini colonnati. I pavimenti meglio conservati si collocano presso un ambiente molto particolare, la cosiddetta aula biabsidata, una sala preceduta da colonne e provvista di due absidi lungo i lati corti, con affaccio scenografico sul cosiddetto Stadio di Domiziano.
Mentre vi godete la vista mozzafiato sullo stadio, attraversate l’area un tempo colonnata, e se puntate gli occhi a terra vi accorgerete di una serie di “isole marmoree”: non sono altro che i resti del pavimento in marmo che doveva originariamente rivestire il portico, composto da lastre rettangolari di pavonazzetto. Entrando nell’aula vera e propria si conservano grandi porzioni di un pavimento a lastre disposte su filari paralleli, tutte in marmo africano. In questo caso, a causa di problemi legati al ristagno di acque, dal 2018 il pavimento è stato interessato da un esteso intervento di manutenzione straordinaria, che ha previsto il restauro dei lacerti marmorei, la ripavimentazione dell’area in cocciopesto e la disposizione di graniglia cromaticamente abbinata alle lastre lungo i bordi. L’aula biabsidata determina la formazione di ambienti di risulta, di forma mistilinea, meglio conservati lungo il lato meridionale, che conservano due eleganti pavimenti in opus sectile marmoreo policromo a schema geometrico (Q3), in cui si riconoscono il portasanta, il pavonazzetto, il giallo antico, il marmo bigio, la breccia e il marmo bianco.

Domus Augustana, ambiente mistilineo, opus sectile marmoreo che sviluppa il motivo dei quadrati con quadrati inscritti diagonalmente (Archivi PArCo)

LA DOMUS FLAVIA

Lasciata la maestosa aula biabsidata della Domus Augustana prospiciente lo Stadio Palatino procediamo alla scoperta della Domus Flavia, la parte pubblica della residenza imperiale voluta dall’imperatore Domiziano, su progetto dell’architetto Rabirio.
La Domus era formata da tre serie di ambienti disposti su tre lati di un peristilio rettangolare, circondato da un quadriportico con colonne di marmo numidico e con al centro una fontana ottagonale. Al centro del lato settentrionale si apriva una enorme sala detta Aula Regia, dove l’imperatore, seduto sul trono situato nell’abside semicircolare al lato opposto rispetto all’ingresso, riceveva e dava udienza.
Lungo il lato meridionale del peristilio si apre al centro una vasta sala absidata pavimentata con lastre marmoree policrome e posta sopra un’intercapedine dove nei periodi più freddi dell’anno veniva fatta circolare aria calda, riconosciuta come il triclinio e citata nelle fonti col nome di Coenatio Jovis. Il pavimento è un opus sectile marmoreo policromo in marmi africano, pavonazzetto, giallo antico, portasanta, databile in età tardoantica. Il settore centrale presenta una sequenza di pannelli quadrangolari contenenti alternativamente rettangoli e dischi listellati. L’abside di fondo invece è decorata da uno opus sectile con schema complesso. Del pavimento si segnala la porzione marmorea orientale, profondamente avvallata a causa del dissesto statico delle sottostanti suspensurae, ai lati dell’ambiente, e continuamente oggetto di interventi di restauro. Il vasto peristilio con al centro la fontana ottagonale, di cui ancora si vede la forma, è pavimentato da lastre marmoree rettangolari di marmo proconnesio, relative al primo impianto del palazzo, di età domizianea.
Spostandoci verso nord, in direzione dell’Aula Regia, presso il corridoio della corte centrale si conservano porzioni del rivestimento a lastre di marmo rettangolari, di dimensioni e materiali eterogenei. Parte del lastricato è coperto da due fusti frammentati di colonne scanalate in marmo giallo antico. A causa del continuo ristagno delle acque, dovuto ad un avvallamento nella zona dove insistono i fusti di colonne, si è proceduto alla copertura di una parte del pavimento con breccia cromaticamente abbinata alle superfici pavimentali. Ulteriore breccia è stata disposta attorno alle lastre superstiti del peristilio e del corridoio, a limitare la ricrescita della vegetazione infestante.

Domus Flavia, Coenatio Iovis, porzione marmorea orientale avvallata a causa del dissesto statico delle sottostanti suspensurae e continuamente oggetto di interventi di restauro (Archivi PArCo)

 

Consulta qui la mappa interattiva: https://cdrweb.parcocolosseo.it/

La mappa interattiva è agganciata al nostro sistema webGIS per la manutenzione dei mosaici, sulla quale sono disegnati i “poligoni” dei mosaici e dei pavimenti visibili dal nostro pubblico: cliccando su ogni poligono in prossimità di uno di questi, apparirà una scheda che aiuterà a individuare il pavimento e a leggerne un po’ di storia.

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