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Sisto V er Papa tosto

Attività per

"adulti", "famiglie", "scuole secondarie di primo e secondo grado"

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Nel 2021 ricorrono i 500 anni dalla nascita di Sisto V, al secolo Felice Peretti, nato il 13 dicembre 1521 a Grottammare da una modesta famiglia marchigiana, quarto di sette figli. Il papato di Sisto V è considerato uno dei più importanti di tutti i tempi poiché egli riuscì, in soli cinque anni (1585-1590), a riordinare l’amministrazione dello stato ecclesiastico e a rivoluzionare l’assetto urbanistico e architettonico della città di Roma.
Fu infatti proprio a Roma che la sua volontà innovatrice lasciò i segni più inconfondibili, ponendosi come imprescindibile punto di partenza anche per gran parte degli interventi urbanistici dei secoli a venire.
Grazie alla collaborazione dell’architetto e ingegnere ticinese Domenico Fontana (1543- 1607), Sisto V intervenne sia sul piano più specificatamente urbano, ordinando il completamento e il tracciamento ex novo di alcuni grandiosi assi viari rettilinei per collegare fra loro le principali basiliche della città, sia su quello architettonico e storico artistico con alcuni interventi che lasciarono il segno.
All’interno del Parco archeologico del Colosseo sono tre i segni visibili delle scelte di Sisto V: li illustriamo qui procedendo dal Palatino a via dei Fori Imperiali e arrivando fino al Colosseo.
Il percorso è stato curato da Federica Rinaldi con Marzia Coppari.

IL SEPTIZODIUM

Fino al pontificato di Papa Sisto V (1585-1590) i viaggiatori che giungevano a Roma dalla via Appia rimanevano meravigliati alla vista del Septizodium, monumentale facciata-ninfeo eretto all’inizio del III secolo d.C. dall’imperatore Settimio Severo alle pendici sud-orientali del colle Palatino, accanto al lato curvo del Circo Massimo, con l’intento precipuo di rappresentare lo splendore dell’Urbs e dei palazzi imperiali dei quali costituiva una quinta scenografica.
Lungo circa 90 metri e simile nell’aspetto agli sfondi architettonici dei palcoscenici teatrali, il lussuoso edificio era costituito da tre grandi nicchie semicircolari e due avancorpi laterali a base quadrata su più piani ed era adorno di marmi policromi, colonne, fontane e sculture. La sua caratteristica planimetria è perfettamente riprodotta nella Forma Urbis, la pianta marmorea della città di Roma voluta dallo stesso Settimio Severo, all’indomani dell’imponente attività di restauro della città dopo l’incendio del 192 d.C.
Inglobato nel Medioevo all’interno del sistema di fortificazioni erette dalla potente famiglia romana dei Frangipane e ancora in parte conservato nel XVI secolo, il Septizodium venne demolito nel 1588-89 per ordine di Papa Sisto V dall’architetto Domenico Fontana che ne riutilizzò i pregiati materiali per adornare numerosi monumenti in tutta la città.
Rodolfo Lanciani ci racconta che blocchi di pietra e marmo del monumento hanno reso possibile la costruzione del sepolcro dello stesso pontefice nella Basilica di Santa Maria Maggiore, la facciata nord della Basilica di San Giovanni in Laterano e, ancora, dell’obelisco di Piazza del Popolo, nonché il restauro della Colonna Antonina. Riprodotto in numerosi disegni rinascimentali, ne restano oggi l’ingombro evidenziato sul terreno dal selciato pavimentale e la statua colossale di una figura sdraiata e acefala, probabile personificazione del fiume Tevere, rinvenuta a seguito di scavi recenti e conservata nel Museo Palatino.

Veduta del Septizodium dallo “Speculum Romanae Magnificentiae” di Antonio Lafreri (circa 1556), The Metropolitan Museum of Art, New York (CC0 1.0 Universal)

 

Confronto fra la Forma Urbis (pianta marmorea severiana, qui con dettaglio dell’area del Septizodium, conservata presso i Musei Capitolini – Antiquarium) e la veduta attuale da Google Earth.

 

Selciato attualmente presente nell’area del Septizodium.

 

Frammento di statua di Tevere recuperata nell’area del Septizodium, oggi conservata nel Museo Palatino (Electa editore).


LA COLONNA TRAIANA

Inaugurata nel 113 d.C., la Colonna Traiana svetta nel cielo di Roma con i suoi 29,78 metri di altezza, pari a circa 100 piedi romani, da quasi due millenni.
L’iscrizione incisa sul basamento, ancora oggi perfettamente visibile, spiega in lettere capitali il motivo ufficiale della sua erezione: indicare l’altezza del monte che fu sbancato per ottenere un’area pianeggiante destinata ad un nuovo Foro. Ma il vero intento della Colonna, neppure troppo velato, fu quello di celebrare l’imperatore Traiano e le sue imprese in Dacia, attuale Romania, tramite i rilievi storici scolpiti sul fregio che l’avvolge tutt’intorno come un lungo nastro. La Colonna ebbe anche una funzione funeraria, forse prevista sin dall’inizio, poiché ospitò, in una camera sepolcrale ricavata nel basamento, la sepoltura dell’imperatore e di sua moglie Plotina.
Come attestato in monete di età imperiale, il fusto della Colonna fu sormontato prima da un’aquila, forse una civetta, e successivamente dalla statua, scomparsa nel Medioevo, dell’imperatore raffigurato stante, con asta e globo.
Nel Trecento, fu posta sulla sommità una campanella fatta suonare tirando a terra una corda e la Colonna divenne il campanile della Cappella di San Niccolò, non più esistente, sorta addosso al basamento.
Fu con il pontificato di Sisto V (1585-1590) che il monumento, inserito nei progetti volti a promuovere il rinnovamento della città perché evocante, con la sua spirale, il modello vaticano delle colonne salomoniche, tornò ad assolvere la sua funzione onoraria, sebbene in chiave cristiana.
Il 28 novembre del 1587, per mano dell’architetto Domenico Fontana, venne posizionata sulla cima una nuova statua in bronzo dorato, in sostituzione di quella antica, alta 4,08 metri, opera dei mastri Tommaso della Porta e Leonardo Sormani, raffigurante San Pietro con le chiavi del Paradiso rivolto, simbolicamente, verso la cupola di San Pietro, quale “colonna” della Chiesa romana e nuovo protettore della città cristiana.

Particolare della statua di San Pietro (foto da drone di Di Lieto & C srl)

Aureo di Traiano dalle collezioni del Medagliere del Museo Nazionale Romano

 

IL LANIFICIO SISTINO

I piani di Sisto V circa la riorganizzazione delle infrastrutture e degli spazi urbani di Roma, dalla viabilità alla gestione delle acque, furono dettati non solo da una necessità di rinnovamento edilizio ma, soprattutto, da esigenze assistenziali, sociali ed economiche.
Fu prioritario, infatti, per il rigoroso papa francescano, risolvere l’annoso problema dell’indigenza del popolo romano, ridotto alla fame dalla carestia e dalla disoccupazione, inaccettabile per una città che aspirava ad essere, dal nome del suo riformatore, “felix”.
Da queste premesse nacque l’idea di trasformare il Colosseo in una filanda, cioè in un complesso per la produzione e la vendita di panni in lana, allo scopo di rilanciare la produzione del prodotto promuovendo nell’Urbe una maggiore autonomia economica e creare nuovi posti di lavoro. La morte del Papa impedì l’avvio dell’ambizioso progetto che di fatto si concretizzò solamente con la rimozione di alcune macerie ammassate attorno all’anfiteatro, lasciando irrealizzata la pianta disegnata dall’architetto incaricato, Domenico Fontana (1543- 1607), nel secondo libro “Della trasportazione”, che mostra al piano terra un impianto industriale manifatturiero con gli alloggi degli artigiani e annesse botteghe ai piani alti.
L’intervento sul Colosseo, proposto nel 1590 verso la fine del pontificato sistino, sarebbe stato forse il più grandioso tra le opere di Domenico Fontana ma avrebbe certamente stravolto la forma e il significato del monumento, simbolo della città eterna.
Non a caso nel dipinto della seconda metà del XVII secolo che vi proponiamo sono riassunte, a cornice del ritratto del pontefice, le importanti opere da lui realizzate ma manca proprio qualunque intervento sul Colosseo: un bel pericolo scampato!

Pianta del progetto di ristrutturazione del Colosseo da Annarosa Cerutti Fusco, «Il progetto di Domenico Fontana “per ridurre il Coliseo di Roma ad habitatione” e le opere sistine di “pubblica utilità”», in Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura, nuova serie, XII, 1988, 65-84 (L’Erma di Bretschneider). Per ulteriori approfondimenti si veda anche Marcello Fagiolo, «Da Domenico a Carlo Fontana: i progetti per le Colonne coclidi, le Mete e il Colosseo» in “Studi sui Fontana: Una dinastia di architetti ticinesi a Roma tra Manierismo e Barocco”, Gangemi editore 2009.

 

Pianta prospettica di Roma del Tempesta (1593), particolare da Annarosa Cerutti Fusco, Il progetto di Domenico Fontana “per ridurre il Coliseo di Roma ad habitatione” e le opere sistine di “pubblica utilità”, in Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura, nuova serie, XII, 1988, 65-84 (L’Erma di Bretschneider)

 

 

Sisto V in un dipinto di ambito umbro della seconda metà del XVII secolo (Diocesi di Terni – Narni – Amelia)